La Galilea, luogo della sproporzione

La Galilea, luogo della sproporzione

12 Aprile 2018 Off Di Suore Divina Volontà

Aprile 2018

Litanie sullo Spirito

(Simeone il Nuovo Teologo)

Vieni, luce vera
Vieni, eterna vita
Vieni, mistero ineffabile
Vieni, tesoro indicibile
Vieni, persona incomprensibile
Vieni, esultanza perenne
Vieni, verace attesa di quanti saranno salvati
Vieni, il rialzarsi di chi giace
Vieni, risurrezione dei morti

 

Introduzione

La Galilea, luogo dell’inizio e del nuovo inizio, luogo del discernimento, ci porta all’esperienza fondante di un piccolo gruppo di uomini e donne che si è lasciato raggiungere e provocare dalla Parola di Dio, resa visibile in Gesù di Nazaret.

Questi uomini e donne, in ricerca di senso e di pienezza, hanno imparato a riconoscere e, pian piano, a fidarsi del Signore Gesù, fino a non poter far altro che mettersi in cammino dietro il Maestro per le strade polverose della Galilea e dei “luoghi” più difficili e faticosi da raggiungere: i malati, gli esclusi, i peccatori.

Strada facendo, si saranno forse più volte “fermati” per domandarsi quale fosse la meta del loro peregrinare accanto a Gesù; si saranno soffermati a riflettere sui tanti insegnamenti e parabole e segni attraverso i quali Gesù ha comunicato e donato tutto se stesso e l’amore del Padre.

Hanno fatto l’esperienza tragica e così fortemente umana del fallimento di fronte ad incomprensioni, ad un’attesa che sembrava finalmente realizzarsi e che invece ha dovuto fare i conti con lo scandalo della croce.

E proprio quando tutto sembra senza senso, perduto, fallito, ecco il Signore Risorto che riconsegna nelle loro mani e nei loro cuori l’esperienza definitiva della Risurrezione, della vittoria sulla morte. Consegna ai discepoli, e a noi oggi, non solo la meta finale, l’evento della Risurrezione, ma anche tutto il cammino con le tentazioni e i fallimenti sperimentati. Per convincerci di tutto questo, basta contemplare i segni, anzi le ferite che il Risorto invita a vedere, a toccare, perché i suoi discepoli non dimentichino il cammino compiuto (passione, morte, resurrezione) in obbedienza al Padre a favore degli uomini, e in obbedienza agli uomini a favore del Padre.

Anche noi, vogliamo continuare ad abitare la missione, contemplando le ferite del Risorto, certe della sua Presenza in mezzo a noi, che ci precede, ci accompagna, ci segue. Desideriamo abitare la nostra Galilea senza lasciarsi spaventare dalle nostre fragilità, dalla complessità che a volte sembra stordirci, dalle “sproporzioni” rispetto alle quali avvertiamo tutto il nostro limite.

Illuminate dalla Parola e dal dono della fede, e sostenute dalla vita fraterna, ci riappropriamo del nostro compito di “stare”.

La Sproporzione, un’esperienza fortemente umana…e divina

Il titolo di questo ritiro ci invita ad entrare nella nostra Galilea da una particolare e, forse, scomoda prospettiva: il senso della sproporzione che sperimentiamo mentre cerchiamo di abitare il nostro tempo e la missione, nel desiderio di costruire insieme quella parte di Regno che ci è stato affidato.

Alle volte il senso della sproporzione che viviamo rispetto ai vari aspetti della realtà, suscita in noi stanchezza, tristezza, scoraggiamento. E anche quando pensiamo a questo termine, ancora prima di considerare il contenuto a cui esso si riferisce, la lettura che ne facciamo è spesso negativa: la sproporzione è squilibrio, inadeguatezza, disarmonia… Ma sproporzione significa anche eccesso, esagerazione, enormità. Parole che possiamo utilizzare per “dire” l’esperienza dell’amore, del perdono, della gratuità.

Questo termine, nel suo duplice riferimento, ci fornisce così una chiave di lettura per entrare nella nostra Galilea; un paradosso che non vogliamo sciogliere perché ci aiuta a cogliere l’autentico senso del nostro cammino, del cammino di ogni uomo, della missione affidataci. Paradosso che è segno dei nostri limiti e fragilità, ma anche e soprattutto è segno della Grazia di Dio che vive in noi.

Se potessimo poi percorrere con un solo sguardo tutta la storia narrata nella Bibbia, che è storia di salvezza, ci accorgeremmo che la dinamica di fondo che la segna è proprio la sproporzione: tra il Dio che mantiene le sue promesse e il popolo che continuamente cade nell’infedeltà; tra l’infinito, l’incommensurabile, il totalmente Altro e il finito, il piccolo, l’uomo.

Culmine di questa storia è un momento preciso in cui avviene un totale capovolgimento tra gli estremi della sproporzione, anzi la sproporzione diventa luogo di salvezza: Dio in Gesù di Nazaret consacra la via degli umili, degli ultimi, degli emarginati e raggiunge ciascuno di noi là dove esistenzialmente si trova. Il suo annuncio è un invito ad abitare la nostra storia, anche quella più dolorosa, a fare della sproporzione la nostra logica, ad accogliere i germi di salvezza hic et nunc, in attesa del suo pieno compimento.

Per ulteriori approfondimenti sulla sproporzione:

  • come invito a diventare poveri: Assemblea generale 2017, p. 24-26.39;

  • come opportunità: Assemblea generale 2017, p. 39.145;

  • Magnificat

Il Vangelo della Sproporzione – Marco 6,30-44

34 Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. 35 Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; 36 congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare». 37 Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». 38 Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci». 39 Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull’erba verde. 40 E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta. 41 Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. 42 Tutti mangiarono e si sfamarono, 43 e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. 44 Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

Spunti per la riflessione

Il racconto dei pani inizia con l’entrata in scena dei Dodici. Cosa intende insegnare ai Dodici attraverso il segno dei pani? Quale Parola per loro e per noi? La prima mossa è dei discepoli, dal momento che si è fatto tardi, eccoli avvicinarsi a Gesù, e come forse spesso accade anche a noi, suggerirgli ciò che deve fare (vv. 35-36).

C’è una certa dose di ironia in questo passaggio che rappresenta il punto di vista del buon senso e della sapienza umana, anche dei discepoli del Signore, quando si tratta di valutare situazioni ed eventi della vita. Anzitutto, vogliono ricondurre il Signore alla realtà, “con i piedi per terra”. Questa descrizione è l’immagine di un modo sbagliato di stare davanti al Signore: a volte disponiamo solo del buon senso umano, ma ciò che manca è la misura di Dio, sulle cose e su noi stessi.

La risposta del Signore è una provocazione: “Voi stessi date loro da mangiare” (v. 37). Ma anche davanti a questa risposta la prospettiva non cambia: in queste condizioni l’unica soluzione è andare ad acquistare pane. L’agire di Dio è sempre oltre i nostri pensieri e le nostre vie (cf Is 55,8). La provocazione prosegue, dal momento che il Signore suggerisce ai suoi di dare alla folla ciò che hanno, li invita esplicitamente ad andare a verificare di cosa dispongono: “Quanti pani avete? Andate a vedere.” Andare a vedere cosa mi appartiene, di che cosa disporre, qual è la mia misura, è un invito molto importante. Ci sono delle situazioni della vita che ci chiedono di fare i conti con le nostre forze, con le nostre competenze e con i nostri limiti, ci costringono cioè ad andare a vedere finalmente di che cosa possiamo disporre.

Ben oltre la situazione del momento, allora, questo invito è la strada per fare verità dentro di noi, ma anche per uscire da due esiti possibili, che non sono esattamente in una prospettiva evangelica: “scaricare” la folla o pretendere di farcela con le nostre forze. Gesù invece chiede loro di farsene carico; e chiede ai suoi di fare i conti con la povertà, con l’esagerata insufficienza di ciò di cui possono disporre.

È l’esperienza della sproporzione, dello stare davanti a bisogni, problemi, situazioni che sono ben più grandi di noi, e nello stesso tempo farsene carico non in modo onnipotente, ma seguendo l’unica via possibile, mettendo cioè nelle mani del Signore ciò che abbiamo, tutto ciò che siamo.

Questo significa raccogliere la sfida della sproporzione, fidarsi del Signore, ma significa anche fare i conti con il nostro limite, con quei pochi pani e pochi pesci che abbiamo e che siamo noi.

In questo passaggio, però, si nasconde anche un rischio: cadere nello sconforto, restare impigliati in un senso di nullità e di frustrazione, enfatizzando il nostro limite. Si tratta di un equilibrio sottile, su cui è necessario vigilare con attenzione. Quello che il Signore ci chiede infatti è altro: riconoscere e accettare il nostro limite, imparando a restare nella sproporzione.

Le nostre povertà e le nostre fragilità vengono a galla quando una necessità, un bisogno della vita, una situazione inattesa, ci rimandano con tutta la concretezza del caso, alla verità di noi. Avremmo voluto o avremmo potuto avere molto più a disposizione, ma è di questo soltanto che disponiamo. Uno sguardo sereno su noi stessi può far sì che l’esperienza della sproporzione si trasformi in una occasione di crescita.

Ecco cosa significa per un discepolo vivere questa esperienza dei pani: condividere anzitutto la compassione di Gesù per questa folla, e con lui entrare nel dinamismo della missione, del dono di una Parola che nutre il cuore. Ma, in seconda battuta, proprio a quei discepoli che sono stati mandati a due a due e che sono tornati, dopo aver sperimentato la forza del Regno presente, il Signore fa fare l’esperienza del limite e dell’insufficienza. È questa la strada che lui stesso ha scelto per fare compiere ai suoi discepoli un salto, un deciso passo in avanti.

Si tratta di stare davanti alla propria pochezza, riconoscendo che, per quello che siamo, il Signore ha bisogno di noi. A noi il compito di tenere insieme il senso della chiamata, cioè la certezza che il Signore chiama i suoi così come sono, con la consapevolezza che è attraverso di noi che lui stesso vuole far giungere i suoi doni a tutti.

Gesù non compie un gesto magico, non fa apparire qualcosa dal nulla, invece moltiplica quello che c’è, per poco che sia. Il Signore fa bastare quello che abbiamo, il coraggio di metterlo nelle sue mani, anche se può apparirci poco, insufficiente, perché possa sfamare tutti.

È tutta la nostra vita che ci è chiesto di consegnare, proprio nel momento in cui Gesù si appresta a spezzare il pane; questa consegna diventa ogni volta capace di nutrire una folla immensa. Anzi, l’ultimo particolare del racconto è il segno della sovrabbondanza: e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci (v.43).

Un esercizio per la preghiera

Al termine della nostra meditazione possiamo chiederci:

  • Quando e come ho sperimentato anch’io il senso della sproporzione, secondo il Vangelo?

  • Cosa si è mosso dentro di me, come ho reagito?

  • Quali tracce hanno lasciato dentro di me queste esperienze, sia in positivo che in negativo?

La sproporzione in Gaetana: una esperienza di fiducia

Tutta l’esperienza di Gaetana può essere ripercorsa attraverso la categoria della sproporzione. Ciò permette di mettere in rilievo le varie sfide che ha dovuto affrontare, la chiara consapevolezza che ha di sé, i momenti di “crisi” che sono diventati occasione di vita nuova e di gratitudine.

L’atteggiamento di fondo che accompagna e caratterizza Gaetana è una solida fiducia nella fedeltà del Signore. Così si esprime:

(Il mio divino Maestro) mi aggiunse che mediante un vero sentimento di umiltà mi sarebbe poi stato facile l’esercitarmi in altre virtù delle quali avevo tanto bisogno per rendermi a Lui cara, […] ed una illimitata confidenza in Dio, in modo che nessuna esterna od interna, pubblica o privata sventura potesse mai riuscire ad abbattermi neppure se avessi visto lo sconvolgimento di tutto l’ordine della società e la minaccia delle più grandi rovine. Il sapere infatti che Dio è infinitamente potente, sapiente e buono doveva essermi bastante per riposare tranquilla nella sua provvi­denza, conservando sempre una grande confidenza in Lui. (Autobiografia, p.300)

Questa confidenza in Dio le ha permesso di non “subire” le varie vicissitudini della storia e di abitare le sproporzioni a qualsiasi livello al punto tale che tutto è diventato occasione di bene, incontro con il Signore, servizio amoroso.

L’ascolto dei bisognosi presenti nella città di Bassano e la consapevolezza di non poter rispondere da sola alle loro necessità, per Gaetana non sono un motivo per lasciarsi scoraggiare. Al contrario, affidandosi al suo Signore, sollecitata dalla sproporzione tra la consapevolezza “di disporre di pochi pani e pochi pesci” e le tante esigenze del suo tempo, intuisce un modo creativo di “fare” il bene, coinvolgendo e contagiando altre donne nel suo desiderio di realizzare un’operosa carità:

Ma più volte, persone che conoscevo mi avevano sollecitata e scongiurata di recarmi ad assistere qualche loro ammalato. Avevo potuto aderire pochissimo, sia per mancanza di tempo, sia perché non mi veniva permesso dall’obbedienza. Questo era per me un vero patire, […]. Queste cose messe insieme fecero sì che io concepissi nella mia mente l’idea di ricevere qualche altra persona in mia com­pagnia nel Ricovero, in qualità di assistente: essendo in tre o quattro, avremmo potuto attendere al buon andamento della Pia Casa ed anche dedicarci gratuitamente all’assistenza degli ammalati della città. (Autobiografia, p.185-186).

E noi?

      • Qual è il mio atteggiamento di fronte alle sproporzioni?

        • In che misura il senso della sproporzione ha in me un effetto liberante e quanto invece un effetto paralizzante? Cosa mi aiuta a rimanere nella sproporzione?

        • Cosa nutre la mia vita personale e spirituale? Di che cosa sento di avere bisogno?

         

        Preghiera – Oggi ci interpelli e ci chiami…

        Signore, oggi con la tua risurrezione
        ci interpelli e ci chiami ad essere persone
        contente e riconciliate,
        capaci di vivere in pienezza
        e di morire con sensatezza,
        capaci di dare la nostra testimonianza
        davanti a tutti gli uomini,
        capaci di dire all’umanità:
        “Non temere donna, perché piangi?
        Ora sai dove conduce il cammino,
        ora sai che il Signore è con te”.
        Donaci di seminare intorno a noi
        questa speranza della risurrezione
        e di dilatare ovunque la vita
        secondo la tua parola.
        Fa’ che l’annuncio della tua risurrezione
        nella nostra vita tocchi la vita di tanti altri.
        E attraverso quello squarcio di serenità
        che tu apri oggi
        nelle nostre preoccupazioni quotidiane,
        penetri intorno a noi la certezza
        della tua vita e della tua speranza. Amen.
        (Carlo Maria Martini)

    •