Abitare la speranza

Abitare la speranza

12 Giugno 2017 Off Di Suore Divina Volontà

Giugno 2017

Concludiamo con questo mese il nostro itinerario annuale dei ritiri mensili, pregando il tema della speranza.

Camminiamo nella ricerca di “dare una ragione della nostra speranza”. Vogliamo rafforzare in noi la convinzione che siamo effettivamente abitate dalla speranza, perché l’amore di Dio è stato versato nei nostri cuori.

La speranza cristiana non è soltanto attesa o aspettativa, ma è la certezza della fede in cammino. È virtù teologale. Si tratta di una disposizione duratura delle nostre facoltà, che facilita la pratica del bene. È grazia, germoglia direttamente dalla grazia infusa da Dio. È forza divina radicata in noi come dono eccellente che realizza l’alleanza infrangibile, nonostante le nostre prevaricazioni. Non è evasione dalla storia.

L’auto-trascendenza genera solidarietà, che ci fa percepire l’esistenza di persone che, per motivi diversi, non hanno speranza, a causa di situazioni di sofferenza (Rosa, 2008).

Se guardiamo la condizione umana nel cristianesimo, in una prospettiva biblica la speranza è vista come la vita vissuta da Gesù Cristo risorto, sotto la guida del suo Spirito.

La speranza non è nelle illusioni, ma nel concreto della vita quotidiana, mentre siamo nella lotta e nell’azione. “Il reale non è nella partenza o nell’arrivo: si fa incontrare da noi in mezzo all’attraversamento” (Rosa, 2008).

Nelle lotte e nelle azioni risiedono i segni di speranza che ci rivelano che non tutto è perduto e che un altro mondo è possibile. Lasciare il fondamentalismo per costruire l’ethos (norma di vita) globale, senza il quale la nostra madre-terra non sopravviverà. Se alimentiamo la speranza è possibile evitare la nostra estinzione.

Don Helder Câmara, chiamato il profeta della speranza, ha fatto la scelta per gli oppressi e si è sentito obbligato, per fedeltà al Vangelo, di portare questo impegno fino alle conseguenze più concrete. La ricerca di vivere la speranza abbracciando il presente in modo creativo è stata per lui una lotta, perché ha capito che la speranza non è un atto magico e che essa si mantiene viva solo attraverso molta lotta e molta partecipazione. Senza rischiare, non viviamo la speranza.

Tanti gesti sono paradigmi di una speranza che trasforma il mondo. Gruppi di persone e istituzioni si stanno organizzando, cercando di mostrare all’umanità che la speranza non è morta, ed esistono molti segni di vita sparsi in ogni angolo. Piccoli gesti, piccole iniziative stanno invertendo situazioni e creando un mondo più solidale e più umano.

La speranza ha una forza misteriosa, un soffio creatore, un alito spirituale che ci porta a guardare tutto con fede e meraviglia; è un principio vitale, espresso nel detto, saggio e vero, che “mentre c’è vita c’è speranza”. Anche di fronte a situazioni insormontabili, intravvediamo vie d’uscita, pensiamo possibile essere diversi, inventiamo e reinventiamo alternative, rifiutiamo che la realtà ci domini e, senza sosta, sogniamo il meglio.

Per la nostra preghiera

Durante il ritiro perseguiamo questa luce: che la speranza si alimenta nella lotta e nell’attività di ogni giorno. È una cosa da coraggiosi con la fede purificata.

Guardiamo la forza della donna Cananea che vive la sofferenza di sua figlia e di se stessa per le conseguenze della malattia, per non essere in grado di superare tale difficoltà.

li altri testi biblici e la proposta su Madre Gaetana sono complementari.

Matteo, 15.21-28

21 Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. 22 Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». 23 Ma egli non le rivolse neppure una parola.

Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro». 24 Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele». 25 Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». 26 Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». 27 «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28 Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Gesù attraversa i confini. Ecco la donna cananea che apre sentieri affinché il Regno di Dio accada in mezzo alle diversità.

Non ci fermeremo su molti aspetti letterari di questo testo, anche se importanti, ma cominciamo col guardare la svolta Gesù che dal mondo giudeo si rivolge ai gentili.

Gesù è sulla strada verso la regione di Tiro e Sidone, quando una donna si avvicina e comincia a importunarlo con una richiesta di aiuto per sua figlia malata.

In un primo momento, Gesù giudica proibito fare il miracolo. Rivolge alla donna una frase pesante. La donna piega Gesù con la sua umiltà e riceve il miracolo. Gesù rompe la sua chiusura per arrivare alla pagana con il miracolo.

Possiamo vedere qui uno spostamento dall’idea dell’esclusività della sua presenza in mezzo ai giudei per la donna straniera. Lo straniero è amato da Dio.

Dopo un’aspra polemica con i farisei e gli scribi, Gesù incontra in terra pagana una donna che gli dimostra una grande fede. In questo episodio viene a confronto con Israele e i pagani. Gesù dimostra di essere il vero Messia di Israele perché sa di essere mandato, sul suo cammino terreno, a questo popolo.

L’incontro insolito di Gesù con la donna Cananea ha un risultato che riflette un grande universalismo. Ma la persistenza di questa donna fa anche trasparire come Gesù sia impregnato della tradizione ebraica; è realmente incarnato in continuità con la sua cultura e il suo ambiente. Le espressioni di Gesù legate all’esclusività della salvezza per il popolo ebraico sono una realtà (Gv 4,22).

La donna ci insegna ad avere fede nella promessa del Signore e andare avanti, o non fermarsi di fronte alle difficoltà, agli ostacoli e perdere il coraggio.

vv. 21-22: Una prima considerazione riguarda il popolo dal quale questa donna viene. I cananei sono nemici tradizionali del popolo eletto. Chiamare questa donna di cananea significa dire che lei non aveva nulla di ebreo e indica il suo paganesimo rude, popolare, agricolo. Veniva dalle regioni di Tiro e Sidone, e questo denota immagini di malvagità, una megalopoli senza Dio. Quindi questa donna si presenta in un contesto molto oscuro e parla di un’umanità immersa nella schiavitù degli idoli.

V. 22. Ecco, una donna è venuta gridando… fa una richiesta – una preghiera – una professione di fede: “Signore, figlio di Davide, abbi pietà di me”.

La fede vive nell’amore diffusivo di sé”. È una fede profondamente identificata. La figlia è malata. Anche lei soffre con la malattia di sua figlia. Questa donna, però, vede in Gesù, una speranza, una possibilità di salvezza che rende Gesù aperto a nuovi orizzonti.

Ma vediamo che il dialogo didattico tra Gesù e la Cananea culmina nella fede in Gesù che deciderà il cammino di Israele e di tutti i popoli.

La donna si dirige a Gesù con il titolo di “Figlio di Davide”, un’espressione che risuona strana nella bocca di una pagana, e ciò potrebbe essere giustificato dalla situazione di estrema necessità che vive la donna.

Si potrebbe pensare che questa donna creda già, in qualche modo, nella persona di Gesù come Salvatore? Ma solo alla fine dell’episodio viene riconosciuto un atto di fede come tale.

Nel dialogo con la donna Gesù sembra mostrarsi un po’ distante e sembra esista una diffidenza tra il popolo di Israele e i popoli considerati pagani. Gesù conferma alla donna la priorità della salvezza ai pagani.

La donna insiste e Gesù sembra rimanere a distanza. Un atteggiamento incomprensibile per i lettori, ma, nell’intenzione di Gesù, viene espresso un valore pedagogico. Alla prima invocazione: “Pietà di me, Signore, figlio di Davide” Gesù non risponde. In un secondo momento i discepoli suggeriscono a Gesù di congedarla. Sono infastiditi dalle grida di questa donna.

All’insistenza della preghiera della donna che si prostra davanti a Gesù, segue una risposta ancora aspra e misteriosa (v. 26).

La donna va oltre la durezza delle parole di Gesù e coglie un piccolo segno di speranza: la donna riconosce che il piano di Dio che Gesù sta annunciando, inizialmente riguarda il popolo eletto, e Gesù chiede alla donna di riconoscere tale priorità.

La donna approfitta di questa priorità per ottenere la sua richiesta (v. 27). La donna supera la prova della fede: “Donna, grande è la tua fede” (v. 28). All’umile insistenza, Gesù risponde con un gesto di salvezza.

Nella richiesta emerge la figlia di questa donna: “Mia figlia è terribilmente tormentata dal demonio” (v. 22). La donna appare sola nel parlare di questa figlia che non la lascia vivere. Non conosciamo i dettagli della malattia, ma certamente si tratta di una forte depressione psicologica che crea nella persona una pesante, insopportabile situazione psicosomatica, e non si riesce ad aiutarla. È una situazione crudele.

Possiamo immaginare situazioni di persone e famiglie dove ci sono madri intrappolate in questo mondo malsano, e non riescono a liberarsene per tante ragioni, a seconda anche dell’ambiente dove vivono.

La donna appare identificata con la situazione della figlia e non riesce a separare la propria vita da quella figlia: “Abbi pietà di me, Signore… aiutami.” La risposta di Gesù in Matteo è indirizzata a lei: “Donna, grande è la tua fede! Sia fatto come si desideri”. La donna ha assunto talmente i gemiti della figlia, che per Gesù ascoltare lei è guarire sua figlia.

L’audacia della donna è ammirevole! Non si scoraggia e con una straordinaria forza d’animo, insistenza e tenacia, umiltà e pazienza, continua nella sua speranza. È sicura di Gesù e si fida di Lui. Si parla di una donna riscattata dalla vita quotidiana, che la fece raggiungere la perfezione della fiducia propria dei “piccoli”.

Anche per noi è un invito ad avere quell’atteggiamento di apertura verso tutte le situazioni difficili che richiedono disponibilità e accoglienza senza riserva. È un invito a rompere le chiusure e gli schemi precostituiti. Essere coscienti della propria povertà per essere in grado di avvicinarsi alla Parola salvifica di Gesù.

Certamente questa donna aveva sentito parlare di Gesù come di qualcuno che compie miracoli straordinari. Sorge in lei la speranza che Gesù possa guarire sua figlia, e grida disperatamente per commuovere questo straniero Gesù. Nemmeno la durezza di Gesù la scoraggia. Gesù è venuto per tutti. È il messaggio per i lettori di Matteo.

Nella nostra preghiera possiamo lasciarci guidare dalla Parola e fare l’esperienza di lasciarci ricreare dal sentimento di abbandono fiducioso che incontriamo in questa donna. Quante volte nella preghiera abbiamo fatto questa esperienza, e abbiamo scoperto come, in un cammino di fede, si svelano nuovi e incredibili modalità di rispondere all’azione pedagogica di Dio in noi! Possiamo sempre liberarci da possibili forme di orgoglio per fare spazio all’abbandono nelle mani di Dio.

La tenerezza e la forza della donna cananea: in un percorso pedagogico, Gesù suscita una fede crescente nel cuore di questa donna, e le risponde.

Anche situazioni negative, che sembrano chiuse, possono essere occasioni per crescere nella fede.

Due binomi devono accompagnare la nostra preghiera: fede e umiltà.

La donna cananea che chiede un miracolo è provata nella sua fede, nel suo amore, nella sua speranza. Gesù le chiede costanza, fermezza, intelligenza nella sua preghiera. Vuole il cuore forte, robusto, deciso, fermo.

La nostra speranza deve cambiare il corso della storia.

Chi è questa figlia? Riconosciamo in lei un po’ di noi stessi: le nostre manie, broncio, capricci interiori, scontentezza, pettegolezzi e litigi che lasciano spazio al demonio. Anche l’umanità di oggi è come questa figlia: con i suoi gemiti che non sono sempre di speranza, ma di disperazione e paura.

Domandiamoci: come mi identifico con le situazioni dure che mi sono affidate? Vivo in maniera oblativa, soprattutto nelle situazioni difficili e dolorose dell’umanità? Sono coraggiosa, disposta e decisa di servire a tutti i costi per trovare il cammino positivo senza perdere la speranza?

Vivere la mia vocazione-missione è anche diventare madre di questa umanità; superare fatalismo o anche la presunzione.

La donna cananea apre percorsi perché il Regno di Dio accada nell’accoglienza della diversità. L’amore non vive solo del passato, ma si apre al futuro, lo porta al presente per essere vissuto con più ardore.

Invocazione: Mostraci la tua benevolenza continua, o Padre. Rinnova la tua creazione.

Altri testi biblici per la preghiera:

Romani 8.1-4: Con lo Spirito diffuso in noi, il dono della carità ci svela una qualità fondamentale di Dio: l’amore. Lo Spirito ci rende partecipi della stessa eredità in Cristo, della stessa dignità di figli di Dio.

Apocalisse 21.1-8: Guardare e contemplare il sogno di Dio per alimentare la nostra fede, far crescere la speranza e intensificare l’amore. Alimenta in noi la resistenza contro l’impero che, anche oggi, vuole inghiottire le comunità e tutti coloro che lottano per la giustizia.

Il futuro che Dio offre è in gestazione, nascosto nella storia. Il sogno del futuro che l’Apocalisse alimenta in noi non è illusione, perché rinnova tutto, modifica tutto, e non lascia nulla di ciò che potrebbe essere frutto di alienazione. È come la visione della terra senza il male, sognata dalle tribù degli indiani Guarani.

Pregare con Madre Gaetana:

Possiamo pregare con Madre Gaetana i suoi movimenti di vita, i primi tempi nel Ricovero; una ricerca costante per trovare il modo giusto per realizzare ciò che ha capito essere Volontà di Dio.

I dubbi esistevano e padre Bedin l’aiuta a superare le difficoltà. Egli cerca di mostrarle un futuro positivo nel quale le sarà data l’occasione di collaborare nella grande opera di redenzione, quando l’attività di Gaetana nel Ricovero sarà partecipazione all’opera salvifica di Cristo. (Vedi: Sandra Mazzolini, p. 148).

Gaetana vede la mediazione dell’obbedienza al confessore come virtù nel cammino della perfezione cristiana. Per la preghiera leggere l’ultimo paragrafo del titolo: “Una certezza nell’intimo dell’anima… (A.F: portoghese pag. 177).

Vedere inoltre: “Speranze e timori di fronte alla piccola Congregazione” (SF. p. 232).

Per unirsi a Gesù, Sposo amorosissimo, con tutta l’energia della propria volontà, rinnovare il voto di donazione di sé insieme con le sorelle della Congregazione. Per l’orazione, pregare con il contenuto di questo voto: SF. p. 249.

Terminare il ritiro con il versetto 22 del Salmo 32:

Signore, sia su di noi la tua grazia,

perché in te speriamo!

Il salmo 32 prega un inno allo sguardo “provvidente” di Dio che, nella sua trascendenza, può abbracciare in un unico progetto l’intero orizzonte della nostra vita e di tutto il cosmo.

La conclusione del Salmo è un “Hesed” (grazia) divino, sorgente di amore e di tenerezza. La fiducia e la grazia stabiliscono quasi un canale di comunione, un ponte di comunicazione tra Dio e la persona che crede.

L’”Hesed” divino e la speranza umana si incontrano e creano una relazione d’amore indistruttibile. La fedeltà amorevole di Dio “è su di noi”, ci protegge. È il canto nuovo che scaturisce dalla speranza che Dio diffonde, con il suo spirito in noi (s. Agostino). È il motivo di una così grande speranza che dimora nei nostri cuori.

Possa la speranza, così rafforzata, essere in noi un inno all’amore di Dio cantato attraverso la nostra esistenza.

Con Madre Gaetana possiamo dire: “Così sia”!